Jaisalmer

99 bastioni

Quinto giorno

Oggi visitiamo la città di Jaisalmer, che significa sopra la collina.

Infatti la fortezza si erge fino a 80 metri dalla pianura desertica sottostante. La sua costruzione risale al XII secolo, e nel tempo è stata la più importante e più ricca dell’India, in quanto città carovaniera situata sulla via della seta.

Jaisalmer 99 bastioni
Fortezza

 

Già dalla fine dell’800 e definitivamente dopo l’indipendenza del 1947, perse, però, tutta la sua importanza strategica. Sarà nuovamente valorizzata dal punto di vista turistico negli anni ottanta, e consacrata poi definitivamente dall’Unesco come patrimonio dell’umanità.

Prima però facciamo una sosta al lago Gadi Sare. Un lago sacro con delle isolette al centro su cui sorgono dei piccoli templi. Un tempo appannaggio del maharaja e delle famiglia reale.

Su una sponda, c’è una porta fatta erigere da una prostituta, da cui prende il nome. Vedendosi negato il permesso dal maharaja ma volendo a tutti i costi lasciare un segno per affrancarsi dalla considerazione negativa che la sua professione comportava, approfittò dell’assenza del sovrano per un lungo viaggio, per farla erigere ricorrendo, però, a uno stratagemma: sulla sommità fece porre un tempio, per cui il maharaja, al suo ritorno, non potè abbatterla.

E infatti è ancora lì, ed è anche molto bella.

Ci dirigiamo, quindi, verso la fortezza, a pianta triangolare con 99 bastioni di cui 3 già caduti per incuria. E’ un dedalo di stradine tortuose che serpeggiano tra edifici di arenaria gialla meravigliosamente intarsiati e una moltitudine di templi giainisti.

La religione giainista, è una derivazione dell’induismo, che non è una religione in sè, bensì una filosofia. Non ha un fondatore, non ha un testo sacro da seguire ma solo precetti morali e comportamentali, ed è antichissima, risale a 5000 anni fa. Dall’induismo sono derivate tre religioni: chi voleva nutrirsi senza mangiare animali e prodotti della terra a contatto con animali, è giainista (una sorta di veganesimo esasperato), chi voleva dedicarsi alla meditazione è buddhista (e queste due religioni sono più o meno coeve, circa 800 anni dopo cristo), e chi voleva, invece, combattere i musulmani, è sikh.

Questi templi sono un capolavoro di cesello, con figure che rappresentano dei ma anche scene di vita quotidiana, e sono per questo testimonianze scolpite nella pietra. In un tempio, per esempio, sono raffigurate posizioni del kamasutra (kama = sesso, sutra = tecnica), e la ragione è molto pratica. In quel determinato periodo la popolazione stava diminuendo per le guerre, e pensarono di incoraggiare così la riproduzione per porre rimedio al calo demografico.

Dopo aver girovagato per le stradine piene di botteghe e di assillanti venditori, ci dirigiamo in città, al ristorante Trio, che si affaccia sul palazzo reale.

La cucina è pressoché sempre la stessa, con solo qualche variazione nella preparazione dei piatti, si inizia sempre con una zuppa, poi noodles con vegetali saltati, ceci o lenticchie in salsa, verdure miste stufate o in salsa di pomodoro, pollo tandori o al curry, qualche volta filetti di pesce saltato nel burro chiarificato, riso bianco d’accompagnamento.

Le spezie e le erbe all’interno delle preparazioni sono la nota distintiva della cucina indiana, che personalmente apprezzo molto.

Dopo pranzo, facciamo una breve sosta in hotel per rifocillarci, e poi ripartiamo alla volta del deserto del Than per una camminata sul dorso di un dromedario e per vedere il tramonto sulle dune.

Quando ormai è sera, rientriamo in hotel e assistiamo a uno spettacolo folkloristico, con suonatori, danzatrici e una specie di “puparo”.

Questa sera per cena ci sono anche gli sconosciuti ker sangri, “fagioli del deserto”, che assomigliano nella forma ai cucunci, frutti del cappero, buonissimi!

Domani prevista sveglia presto per raggiungere Jodhpur. Buonanotte.

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